venerdì 11 marzo 2016

NON SOLO LAUNEDDAS


La civiltà nuragica, oltre le launeddas, aveva tutta una serie di strumenti musicali, come syrinx, corno, lira, campane, cantanti etc., documentati dai diversi bronzetti visibili nei musei della Sardegna e non solo;
alcuni di questi importanti testimoni dell'arte musicale di 3000 anni fa, sono relegati in qualche buia vetrina, senza una giusta didascalia e non possono quindi trasmetterci tutta una serie di informazioni che ci aiuterebbero a capire chi siamo e da dove arriviamo.
Un caso eclatante è il suonatore di corno di Genoni, custodito al museo archeologico di Cagliari, era integro sino al 1954 come nella foto di Christian Zervos (biografo di Pablo Picasso), poi è stato malamente danneggiato è mai restaurato; ora fa brutta mostra di se e di quello che rappresentava.
In attesa che il museo lo restauri o almeno lo accompagni con un adeguata didascalia, mi consolo cercando di riprodurlo a mio modo.








2 commenti:

  1. Dal catalogo di Giovanni Lilliu, "Sculture della Sardegna Nuragica" :

    182. Suonatore di corno, alt. res. 8 cm, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
    Provenienza: Genoni (Nuoro), loc. Santu Perdu.

    La statuina è in piedi, con le gambe fuse in un solo blocco a pilastrino, senza segni di divisione: ciò che la rende singolare e ne fa un unicum per questo particolare di struttura corporea.
    Un unicum costituisce la figurina anche per l’atteggiamento delle braccia. Esse sono gi- rate in cerchio, su un piano orizzontale, dalle spalle al viso per trattenere, con ambedue le mani, all’altezza della bocca, uno strumento musicale. È questo un corno ricurvo da sinistra a destra per chi guarda il bronzetto, come si può vedere in immagini di qualche anno fa quando lo strumento era integro. La canna del corno, vicino all’imboccatura, è stretta dalla mano sinistra che le gira intorno; la mano destra la impugna, poco sotto, presso il gomito dell’oggetto. La canna del corno è a largo cilindro con l’estremità di sfiato a taglio dritto.

    Il personaggio è rappresentato nell’atto di soffiare nello strumento che doveva essere piuttosto pesante (certamente di metallo a giudicare dalla sua flessuosità), se per suonarlo bisognava tenerlo fortemente con tutte e due le mani. Queste mani e le braccia soprattutto, assieme alla curvatura del corno, compongono un insieme plastico mosso e morbido di una fluidità straordinaria. È un girare di linee ed un sovrapporsi di membri corposi che mettono “volume” e “rotondità” su una struttura per il resto secca e stirata. Il corpo è coperto dal solito gonnellino corto, segnato da una serie di incisioni verticali parallele che ne fanno un indumento “plissé”. Per il rimanente è nudo, anche se il modellato unitario e la placca delle gambe danno la falsa impressione d’una veste e se, nel busto, un insieme di oggetti sospesi ad una bandoliera, attenua l’effetto della nudità. Questo insieme di oggetti è costituito da un altro corno, più piccolo ma della stessa forma ricurva di quello suonato, che è appeso alla stretta tira della tracolla alla metà della schiena e da un arnese messo di traverso sul petto e pendente dalla striscia della bandoliera, che lo stato di grave corrosione del bronzo non consente di identificare. Se non è il solito pugnaletto, sarà un aggeggio connesso con la funzione del personaggio.

    Questi è di un uomo comune, che lo stile popolaresco della testa a capocchia tende ad indicare e che meglio avrebbero suggerito i tratti crudi del viso se l’ossido non lo avesse completamente consunto. La sua effige sarà quella di un banditore che nelle piazze o per le vie delle borgatelle nuragiche annunziava, a suon di corno, gli atti della pubblica autorità, o non piuttosto quella di un musico (professione considerata forse illiberale e volgare) che, nei santuari, accompagnava le cerimonie religiose, processionali o corali? Patina nera. Spezzato il corno e la mano destra (in questi ultimi anni), rotte le gambe all’altezza dei ginocchi. Piuttosto consunta specie nella parte anteriore.

    Bibliografia

    Taramelli, Not. Scavi, 1907, p. 352, figg. 1-1 a; Pettazzoni, Religione primitiva, 1912, p. 19, nota 1; Ta- ramelli, Guida, 1914, p. 84; Von Bissing, “Sard. Bronzen”, 1928, p. 68; Taramelli-Delogu, “Il R. Museo Nazionale”, 1936, p. 13; Lilliu-Pesce, Sculture, 1949, n. 63, pp. 18-19, 25, 42, tav. XLVII, 63; Pallotti- no, Sardegna nuragica, 1950, p. 48; Lilliu, Il Ponte, VII (Sardegna), 1951, p. 998; Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 77, nota 1; Lilliu, “Bronzetti nuragici da Terralba”, 1953, p. 39, nota 1, p. 47, nota 2; Pesce, Ancient Bronzes, 1954, n. 91; Pesce, Bronzes antiques, 1954, p. 26, n. 91; Pesce, Bronzes préhistoriques, 1954, p. 24, n. 91; Pesce, Praehistorische Bronsplastiek, 1954, n. 91; Pesce, Prähistorische Bronzen, 1954, p. 37, n. 91; Zervos, Civilisation, 1954, p. 313, fig. 388;Pesce, Statuette nuragiche, 1955, p. 12, n. 91; Lilliu, Sculture, 1956, n. 173; Lilliu, Ampurias, XXIV, 1962, p. 142, lám. XXII, a.
    foto di Pitano Perra.

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  2. Ho letto volentieri il testo sul suonatore,e sempre di più ammiro le antiche culture x la ricchezza della loro fantasia ed esigenza estetica. Suonavano musica -allora non c'erano le noti-in memoria, e creavano opere d'arte di ogni genere ad elevati livelli....oggi,che abbiamo tutti i mezzi più soffisticati per "creare" ,nascono opere d'arte di scarso livello livello...cosi come anche letteratura....Io penso,nei nostri tempi moderni manca la fantasia ed entusiasmo....

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