
La civiltà nuragica, oltre le launeddas, aveva tutta una serie di strumenti musicali, come syrinx, corno, lira, campane, cantanti etc., documentati dai diversi bronzetti visibili nei musei della Sardegna e non solo;
alcuni di questi importanti testimoni dell'arte musicale di 3000 anni fa, sono relegati in qualche buia vetrina, senza una giusta didascalia e non possono quindi trasmetterci tutta una serie di informazioni che ci aiuterebbero a capire chi siamo e da dove arriviamo.
Un caso eclatante è il suonatore di corno di Genoni, custodito al museo archeologico di Cagliari, era integro sino al 1954 come nella foto di Christian Zervos (biografo di Pablo Picasso), poi è stato malamente danneggiato è mai restaurato; ora fa brutta mostra di se e di quello che rappresentava.
In attesa che il museo lo restauri o almeno lo accompagni con un adeguata didascalia, mi consolo cercando di riprodurlo a mio modo.






Dal catalogo di Giovanni Lilliu, "Sculture della Sardegna Nuragica" :
RispondiElimina182. Suonatore di corno, alt. res. 8 cm, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Provenienza: Genoni (Nuoro), loc. Santu Perdu.
La statuina è in piedi, con le gambe fuse in un solo blocco a pilastrino, senza segni di divisione: ciò che la rende singolare e ne fa un unicum per questo particolare di struttura corporea.
Un unicum costituisce la figurina anche per l’atteggiamento delle braccia. Esse sono gi- rate in cerchio, su un piano orizzontale, dalle spalle al viso per trattenere, con ambedue le mani, all’altezza della bocca, uno strumento musicale. È questo un corno ricurvo da sinistra a destra per chi guarda il bronzetto, come si può vedere in immagini di qualche anno fa quando lo strumento era integro. La canna del corno, vicino all’imboccatura, è stretta dalla mano sinistra che le gira intorno; la mano destra la impugna, poco sotto, presso il gomito dell’oggetto. La canna del corno è a largo cilindro con l’estremità di sfiato a taglio dritto.
Il personaggio è rappresentato nell’atto di soffiare nello strumento che doveva essere piuttosto pesante (certamente di metallo a giudicare dalla sua flessuosità), se per suonarlo bisognava tenerlo fortemente con tutte e due le mani. Queste mani e le braccia soprattutto, assieme alla curvatura del corno, compongono un insieme plastico mosso e morbido di una fluidità straordinaria. È un girare di linee ed un sovrapporsi di membri corposi che mettono “volume” e “rotondità” su una struttura per il resto secca e stirata. Il corpo è coperto dal solito gonnellino corto, segnato da una serie di incisioni verticali parallele che ne fanno un indumento “plissé”. Per il rimanente è nudo, anche se il modellato unitario e la placca delle gambe danno la falsa impressione d’una veste e se, nel busto, un insieme di oggetti sospesi ad una bandoliera, attenua l’effetto della nudità. Questo insieme di oggetti è costituito da un altro corno, più piccolo ma della stessa forma ricurva di quello suonato, che è appeso alla stretta tira della tracolla alla metà della schiena e da un arnese messo di traverso sul petto e pendente dalla striscia della bandoliera, che lo stato di grave corrosione del bronzo non consente di identificare. Se non è il solito pugnaletto, sarà un aggeggio connesso con la funzione del personaggio.
Questi è di un uomo comune, che lo stile popolaresco della testa a capocchia tende ad indicare e che meglio avrebbero suggerito i tratti crudi del viso se l’ossido non lo avesse completamente consunto. La sua effige sarà quella di un banditore che nelle piazze o per le vie delle borgatelle nuragiche annunziava, a suon di corno, gli atti della pubblica autorità, o non piuttosto quella di un musico (professione considerata forse illiberale e volgare) che, nei santuari, accompagnava le cerimonie religiose, processionali o corali? Patina nera. Spezzato il corno e la mano destra (in questi ultimi anni), rotte le gambe all’altezza dei ginocchi. Piuttosto consunta specie nella parte anteriore.
Bibliografia
Taramelli, Not. Scavi, 1907, p. 352, figg. 1-1 a; Pettazzoni, Religione primitiva, 1912, p. 19, nota 1; Ta- ramelli, Guida, 1914, p. 84; Von Bissing, “Sard. Bronzen”, 1928, p. 68; Taramelli-Delogu, “Il R. Museo Nazionale”, 1936, p. 13; Lilliu-Pesce, Sculture, 1949, n. 63, pp. 18-19, 25, 42, tav. XLVII, 63; Pallotti- no, Sardegna nuragica, 1950, p. 48; Lilliu, Il Ponte, VII (Sardegna), 1951, p. 998; Lilliu, St.S., X-XI, 1952, p. 77, nota 1; Lilliu, “Bronzetti nuragici da Terralba”, 1953, p. 39, nota 1, p. 47, nota 2; Pesce, Ancient Bronzes, 1954, n. 91; Pesce, Bronzes antiques, 1954, p. 26, n. 91; Pesce, Bronzes préhistoriques, 1954, p. 24, n. 91; Pesce, Praehistorische Bronsplastiek, 1954, n. 91; Pesce, Prähistorische Bronzen, 1954, p. 37, n. 91; Zervos, Civilisation, 1954, p. 313, fig. 388;Pesce, Statuette nuragiche, 1955, p. 12, n. 91; Lilliu, Sculture, 1956, n. 173; Lilliu, Ampurias, XXIV, 1962, p. 142, lám. XXII, a.
foto di Pitano Perra.
Ho letto volentieri il testo sul suonatore,e sempre di più ammiro le antiche culture x la ricchezza della loro fantasia ed esigenza estetica. Suonavano musica -allora non c'erano le noti-in memoria, e creavano opere d'arte di ogni genere ad elevati livelli....oggi,che abbiamo tutti i mezzi più soffisticati per "creare" ,nascono opere d'arte di scarso livello livello...cosi come anche letteratura....Io penso,nei nostri tempi moderni manca la fantasia ed entusiasmo....
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